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La Giornata europea dei Parchi al tempo del cornavirus.
La Giornata Europea dei Parchi 2020 ha uno slogan #ParksForHealth (Parchi sani, persone sane) quanto mai azzeccato, perché sottolinea l’importanza del contatto positivo con la natura per tutelare la salute umana, creare benessere, prevenire problemi di salute pubblica e promuovere uno stile di vita attivo e sostenibile. Insomma, avvicinare la natura alle persone e al loro bisogno di benessere è un’altra missione importante dei parchi al pari di quella di proteggere il nostro capitale naturale. Nonostante i limiti del distanziamento fisico, l’European day of parks, deve essere l’occasione per ribadire l’importanza dei parchi e riflettere sule difficoltà di un sistema nazionale delle aree protette che, non è composto di soli Parchi nazionali, e deve dare organicità alla tutela delll’11% del territorio nazionale protetto.
Parchi terrestri e aree marine protette, ottengono risultati importanti nella conservazione della biodiversità, sono meta per il turismo attivo e sostenibile e aiutano economie virtuose a crescere, nonostante le difficoltà. Le aree marine protette, ad esempio, devono sopravvivere con poche risorse, una governance inadeguata e un modello organizzativo risalente alla L.979/82 e la L. 394/91. Mentre i parchi nazionali, enti autonomi di diritto pubblico, per la gran parte sono sprovvisti di Piani dei parchi e Regolamenti approvati, come denuncia la Corte dei Conti che sottolinea anche la mancanza di personale e diverse inefficienze di gestione e nonostante abbiano le casse piene di soldi non spesi. Le aree protette regionali, invece, hanno subito continue modifiche normative e tagli ai finanziamenti, ed oggi appaiono solo l’ombra di quel sistema di tutela messo in campo dalla Regioni virtuose nel ventennio 1980-2000.
Il nostro Paese, grazie alla leale collaborazione tra le Regioni e il Governo, è stato capace di realizzare un sistema integrato di aree protette che in poco tempo, in particolare dal 1990 al 2010, è cresciuto dal 3 all’11%. Un percorso di concertazione messo a dura prova da una pretestuosa interpretazione della riforma del titolo V che, anziché dare nuove funzioni alle Regioni, ha sancito invece la separatezza tra le politiche statali e quelle regionali. Occorre risolvere il nodo politico della leale collaborazione, riscrivendo magari un nuovo progetto condiviso per le aree protette, per ottenere una migliore performance e rispondere anche agli obiettivi che a livello globale il deve raggiungere il nostro Paese. Il sistema nazionale delle aree protetta (che è di più della somma delle aree nazionali più quelle regionali), deve saper superare la separatezza tra le politiche nazionali e regionali, e co-decidere sulle scelte per la tutela della natura e dello sviluppo sostenibile dei territori protetti.
Serve una discussione pubblica, magari attraverso la terza Conferenza nazionale sulle aree protette, per affrontare nel merito i problemi delle aree protette e aperta a tutti coloro che vivono e operano nei parchi e non solo a chi “parla” di parchi. Una discussione utile a fornire ai parchi strumenti utili per prendere in mano la lotta al climate change e valorizzare questi territori che sono diventati più resilienti perché, mediamente, meglio gestiti e con maggiori opportunità.
Benefici oltre i parchi, non deve rimanere uno slogan datato, ma divenire una pratica in cui le are protette trasferiscono l’approccio One Health nei diversi settori in cui sono coinvolte (ambiente, salute animale, gestione del territorio…) per raggiungere i migliori risultati nella tutela degli ecosistemi e per la salute pubblica, mitigare le conseguenze della perdita della biodiversità, della crisi climatica e dei rischi legati alle pandemie prevenendo le zoonosi.
Le aree protette devono saper affermare la “pratica del parco” nei loro territori puntando a diventare un player territoriale, sapendo interpretare le aspettative dei cittadini e dei diversi portatori di interessi. Devono saper gestire i conflitti, che inevitabilmente crescono con la crescita del loro ruolo, per non essere travolti dalla gestione burocratica che li caratterizza ed evitare il lento e inesorabile declino che li può interessare.
Per rilanciare il sistema nazionale delle aree protette è necessario passare attraverso una “nuova primavera” e un accordo tra i diversi livelli istituzionali che fino ad oggi è mancato. Ripartire dalla leale collaborazione tra Governo e Regioni per scrivere assieme gli obiettivi del prossimo decennio per conservare la biodiversità, e programmare un percorso per tutelare il 30% del territorio nazionale e portare al 10% le aree a riserve integrale. Esiste già una lunga lista di aree protette in attesa di istituzione, altre richieste sono state avanzate da comunità locali e amministratori che reclamano un riconoscimento per i loro territori, mentre altre sono da istituire perché dovranno svolgere un ruolo fondamentale nella tutela e corretta gestione del nostro capitale naturale.
Occorre partire dalla aree protette sospese, quelle che stanno in un limbo e sono in un luogo istituzionale, per colpa di istituzioni che non decidono o sono incagliate in procedimenti istitutivi troppo macchinosi. Le aree protette che proponiamo di istituire nel decennio 2020/2030:
- Parchi nazionali del Gennargentu previsto dalla legge 394/91;
- Parco nazional del Delta Po previsto dalla legge 394/91;
- Parco nazionale della Costa Teatina, in Abruzzo, previsto dalla 93/2001 che ha assegnato al parco un finanziamento di 1.000 milioni di vecchie lire a decorrere dal 2001. Dopo 19 anni ci sono 10milioni di euro immobilizzati nelle casse del Ministero in attesa del parco.
- Parchi nazionali delle Egadi e del Litorale Trapanese Iblei in Sicilia, previsto dalla L. 227/2007;
- Parco nazionale delle Eolie Iblei in Sicilia, previsto dalla L. 227/2007;
- Parco nazionale degli Iblei in Sicilia, previsto dalla legge 227/2007;
- Parco nazionale del Matese, tra Campania e Molise, istituito dalla L.205/17 ma l’iter è inspiegabilmente bloccato;
- Parco nazionale di Portofino in Liguria, istituito dalla legge 205/17;
- Area marina protetta dell’Arcipelago Toscano, prevista dalla legge 979/82 ancora prima che nascesse il Parco nazionale che oggi ha solo un perimetro di tutela a mare, per la quale è in corso una raccolta firme on-line;
- Area marina protetta della Costa del Conero finanziata da una legge del 2014;
- Area marina protetta della Costa del Piceno il procedimento è fermo dal 2008;
- Area marina protetta Golfo di Orosei-Capo Monte Santu in Sardegna, in fase di completamento gli studi conoscitivi per istituirla;
- Area Marina protetta di Capo d’Otranto – Grotte Zinzulusa, in Puglia, completamento degli studi conoscitivi;
- Area marina protetta Romanelli – Capo di Leuca, in Puglia, completamento degli studi conoscitivi;
- Area marina protetta Isola di Capri, in Campania, finanziati gli studi conoscitivi;
- Area marina protetta Capo Spartivento, in Sardegna, finanziati gli studi conoscitivi;
- Area marina protetta Isola di San Pietro, in Sardegna, finanziati gli studi conoscitivi;
- Area marina protetta Costa di Maratea, in Basilicata, finanziati gli studi conoscitivi;
- Area marina protetta Grotte di Ripalta – Torre Calderina, in Puglia, prevista dal 2013, è invece naufragata a causa del degrado rilevante e non risolvibile nel breve periodo del sito interessato dalla sua istituzione.
- Area marina protetta della Penisola Salentina in Puglia, iter non avviato per mancanza di risorse economiche;
- Area marina protetta Monte di Scauri nel basso Lazio, iter non avviato per mancanza di risorse economiche;
- Area marina protetta Monti dell’Uccellina – Formiche di Grosseto – Foce dell’Ombrone Talamone in Toscana, iter non avviato per mancanza di risorse economiche;
- Area marina protetta de La Maddalena, prevista dalla L.394/91 contestualmente al Parco nazionale che ha solo un perimetro di tutela a mare;
- Area marina protetta del Circeo la legga 979/82 prevede la nascita della Amp delle Isole Pontine, sarebbe invece più opportuno tutelare il mare e la costa dell’attuale Parco nazionale che non gode nemmeno di una tutela del perimetro a mare;
- Area marina protetta di Pantelleria, prevista dalla L. 394/91 non ancora istituita nonostante sia nato il Parco nazionale senza nemmeno un perimetro a mare.
Le nuove aree protette da istituire:
- Istituire il Parco nazionale del Fiume Magra tra Liguria e Toscana, che comprenda l’attuale territorio del Parco Regionale di Montemarcello-Magra-Vara in provincia di La Spezia, le ANPIL, aree naturali protette di interesse locale, sul fiume Magra in provincia di Massa-Carrara, oltre ai siti della rete Natura 2000 compresi nel bacino idrografico interregionale del Fiume Magra.
- Istituire il Parco nazionale della Penisola Sorrentina in Campania, che comprenda l’attuale Parco regionale dei Monti Lattari, l’Area marina protetta di Punta Campanella e le aree della rete Natura 2000 che interessano sostanzialmente quasi sempre gli stessi comuni che partecipano a tre diversi livelli di governance (parco regionale, Amp, e siti natura 2000), e in più si offrirebbe l’occasione di una gestione unitaria anche per il sito Unesco della Costiera Amalfitana.
- Istituire l’Area marina protetta Torre la Punta in Campania, interessa la costa del Comune di Pollica, tra il borgo di Acciaroli e quello di Pioppi, e ricomprende uno specchio acqueo di oltre 1 milione di mq ricco di biodiversità e reperti archeologici di epoca greco-romana.
- Istituire il Parco regionale del Crinale Piacentino, Emilia Romagna, corridoio di connessione con la Liguria dell’alto appennino piacentino con numerose aree umide in quota
- Istituire il Parco regionale dei Monti Volsci, comprende i Monti Lepini ed i parchi regionali degli Ausoni e Aurunci inglobati in questa proposta unitaria di area ìdel Lazio meridionale.
- Istituire il Parco regionale dei Monti Ernici, corridoio ecologico fondamentale per la tutela dell’Orso bruno marsicano, cerniera tra le aree protette del Lazio e dell’Abruzzo,
- Istituire il Parco regionale dell’Alto Molise, interessa il territorio compreso tra le valli del Trigno e del Volturno e l’Area MAB Collemeluccio-Montedimezzo.
- Istituire il Parco regionale fluviale del Neto, in Calabria, interessa l’intero corso del fiume fino alla foce
fonte:greenreport.it